ARTE ROMANA
Augusto di Prima Porta, 8 d.C., copia romana in marmo di un originale bronzeo scolpito a tutto tondo, Musei Vaticani, Città del Vaticano.
La statua rappresenta l'imperatore Ottaviano Augusto, vestito con la lorica (cioè la corazza in pelle dei legionari) mentre fa il gesto della locutio, cioè di chiedere la parola come la famosa statua etrusca l'Arringatore. La statua presenta alcune caratteristiche tipiche della scultura greca: i piedi nudi (che sono inverosimili in quanto è vestito in modo militare) e l'atteggiamento ricorda il Doriforo di Policleto; invece i tratti tipicamente romani sono il volto, in quanto rappresenta le vere fattezze dell'imperatore (anche se si tratta di un ritratto pubblico, cioè doveva rappresentare la potenza dell'imperatore), il gesto della locutio e la lorica. Lo scultore ha scelto di unire nella stessa statua elementi romani e greci (anche se non sono ben fusi insieme) poichè voleva rappresentare l'imperatore sia con la perfezione formale che aveva raggiunto l'arte greca sia presentare l'imperatore come difensore della tradizione, per questo viene rappresentato con la lorica, dove si celebra Roma e le imprese dell'imperatore, per questa commistione di elementi, questa statua è espressione dell'arte patrizia. Sulla lorica sono scolpiti in alto una rappresentazione del cielo come un vecchio che stende un telo, sotto il carro del Sole che rappresenta l'alba di una nuova era portata da Augusto, all'estrema destra si trova il carro della Luna che è quasi del tutto coperto dall'Aurora; ai due lati ci sono le rappresentazioni dei popoli vinti : a sinistra una donna piange tenendo uno stendardo in cui sono raffigurati un cinghiale e carnyx, la tipica tromba celtica, e a destra un'altra donna piangente che tiene un fodero senza gladio, forse potrebbero rappresentare rispettivamente la Gallia e le popolazioni germaniche assoggettate da Augusto; poi ci sono il dio Apollo su un grifone e la dea Diana su una cerva; infine c'è la dea Tellus, dea dell'abbondanza, con una cornucopia; al centro sono rappresentati un soldato romano (Tiberio o lo stesso Augusto o il dio Marte) con un cane e un barbaro (probabilmente il re dei Parti Fraate IV), poichè veste dei pantaloni: probabilmente rappresenta la scena della restituzione delle insegne di Carre, cioè della vittoria dei Parti su Crasso del 20 a.C.. Infine vicino alla gamba sinistra dell'imperatore è rappresentato il dio Eros a cavallo di un delfino, entrambi simboli della dea Venere , da cui, secondo la tradizione, proveniva la gens Iulia.
La statua rappresenta l'imperatore Ottaviano Augusto, vestito con la lorica (cioè la corazza in pelle dei legionari) mentre fa il gesto della locutio, cioè di chiedere la parola come la famosa statua etrusca l'Arringatore. La statua presenta alcune caratteristiche tipiche della scultura greca: i piedi nudi (che sono inverosimili in quanto è vestito in modo militare) e l'atteggiamento ricorda il Doriforo di Policleto; invece i tratti tipicamente romani sono il volto, in quanto rappresenta le vere fattezze dell'imperatore (anche se si tratta di un ritratto pubblico, cioè doveva rappresentare la potenza dell'imperatore), il gesto della locutio e la lorica. Lo scultore ha scelto di unire nella stessa statua elementi romani e greci (anche se non sono ben fusi insieme) poichè voleva rappresentare l'imperatore sia con la perfezione formale che aveva raggiunto l'arte greca sia presentare l'imperatore come difensore della tradizione, per questo viene rappresentato con la lorica, dove si celebra Roma e le imprese dell'imperatore, per questa commistione di elementi, questa statua è espressione dell'arte patrizia. Sulla lorica sono scolpiti in alto una rappresentazione del cielo come un vecchio che stende un telo, sotto il carro del Sole che rappresenta l'alba di una nuova era portata da Augusto, all'estrema destra si trova il carro della Luna che è quasi del tutto coperto dall'Aurora; ai due lati ci sono le rappresentazioni dei popoli vinti : a sinistra una donna piange tenendo uno stendardo in cui sono raffigurati un cinghiale e carnyx, la tipica tromba celtica, e a destra un'altra donna piangente che tiene un fodero senza gladio, forse potrebbero rappresentare rispettivamente la Gallia e le popolazioni germaniche assoggettate da Augusto; poi ci sono il dio Apollo su un grifone e la dea Diana su una cerva; infine c'è la dea Tellus, dea dell'abbondanza, con una cornucopia; al centro sono rappresentati un soldato romano (Tiberio o lo stesso Augusto o il dio Marte) con un cane e un barbaro (probabilmente il re dei Parti Fraate IV), poichè veste dei pantaloni: probabilmente rappresenta la scena della restituzione delle insegne di Carre, cioè della vittoria dei Parti su Crasso del 20 a.C.. Infine vicino alla gamba sinistra dell'imperatore è rappresentato il dio Eros a cavallo di un delfino, entrambi simboli della dea Venere , da cui, secondo la tradizione, proveniva la gens Iulia.
Statua equestre di Marco Aurelio, 176 a. C., bronzo scolpito a tutto tondo, Palazzo dei Conservatori,a Roma.
La statua rappresenta l'imperatore Marco Aurelio a cavallo, con un atteggiamento della mano molto simile a quello della locutio dell'Augusto di Prima Porta, anche se probabilmente bisogna considerare questo gesto come di clemenza, in quanto i manoscritti ci attestano che ai piedi della statua c'era un prigioniero, oggi andato perduto; l'imperatore è rappresentato nelle sue fattezze, anche se il corpo è idealizzato in quanto questo era un ritratto ufficiale, cioè doveva essere mandato per tutti i territori dell'impero per far conoscere la figura dell'imperatore e il suo progetto politico; inoltre ha il busto lievemente girato a sinistra e gli occhi fissi, presenta la tipica iconografia di Marco Aurelio, cioè come "imperatore-filosofo", quindi, per questo, dotato di barba. Il cavallo invece è raffigurato con una zampa protesa in avanti. L'assenza di armi e armatura era simbolo del progetto di Marco Aurelio di mantenere l'impero nella pace. La collocazione originaria di questa statua è dubbia, in quanto subì numerosi trasferimenti finchè nel XVI secolo venne posta nella piazza del Campidoglio, infine nel 1979 l'originale venne trasportato al Museo dei Conservatori in quanto si era molto danneggiata, dov'è rimasta fino ad oggi, posta al centro di una sala circolare. Questa è l'unica statua equestre classica che ci è giunta integra, si salvò miracolosamente durante il Medioevo. in quanto si credeva che rappresentasse l'imperatore Costantino.
La statua rappresenta l'imperatore Marco Aurelio a cavallo, con un atteggiamento della mano molto simile a quello della locutio dell'Augusto di Prima Porta, anche se probabilmente bisogna considerare questo gesto come di clemenza, in quanto i manoscritti ci attestano che ai piedi della statua c'era un prigioniero, oggi andato perduto; l'imperatore è rappresentato nelle sue fattezze, anche se il corpo è idealizzato in quanto questo era un ritratto ufficiale, cioè doveva essere mandato per tutti i territori dell'impero per far conoscere la figura dell'imperatore e il suo progetto politico; inoltre ha il busto lievemente girato a sinistra e gli occhi fissi, presenta la tipica iconografia di Marco Aurelio, cioè come "imperatore-filosofo", quindi, per questo, dotato di barba. Il cavallo invece è raffigurato con una zampa protesa in avanti. L'assenza di armi e armatura era simbolo del progetto di Marco Aurelio di mantenere l'impero nella pace. La collocazione originaria di questa statua è dubbia, in quanto subì numerosi trasferimenti finchè nel XVI secolo venne posta nella piazza del Campidoglio, infine nel 1979 l'originale venne trasportato al Museo dei Conservatori in quanto si era molto danneggiata, dov'è rimasta fino ad oggi, posta al centro di una sala circolare. Questa è l'unica statua equestre classica che ci è giunta integra, si salvò miracolosamente durante il Medioevo. in quanto si credeva che rappresentasse l'imperatore Costantino.
Villa dei Misteri, particolare della fustigazione di una fanciulla, prima del 79 d.C., affresco su parete, Pompei.
L'affresco si trova nella villa suburbana vicino a Pompei, sommersa anch'essa dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., viene denominata così anche se non è ancora del tutto sicuro l'oggetto della rappresentazione: secondo la maggior parte degli studiosi le dieci scene dipinte raffigurerebbero o la preparazione di una sposa al matrimonio o l'iniziazione di una sposa al rito del dio Dioniso: in questo particolare viene raffigurata la fase della fustigazione dell'iniziata da parte di un demone dalle fattezze femminili o dal Telete, figlia di Dioniso e Nicea; l'iniziata ha la schiena nuda e sta piangendo accovacciata sulle ginocchia di un'amica. Lo stile di questo affresco viene detto secondo stile o dell'architettura in prospettiva o architettonico, in quanto simula le pareti di un'ambiente allargando così gli spazi interni.
L'affresco si trova nella villa suburbana vicino a Pompei, sommersa anch'essa dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., viene denominata così anche se non è ancora del tutto sicuro l'oggetto della rappresentazione: secondo la maggior parte degli studiosi le dieci scene dipinte raffigurerebbero o la preparazione di una sposa al matrimonio o l'iniziazione di una sposa al rito del dio Dioniso: in questo particolare viene raffigurata la fase della fustigazione dell'iniziata da parte di un demone dalle fattezze femminili o dal Telete, figlia di Dioniso e Nicea; l'iniziata ha la schiena nuda e sta piangendo accovacciata sulle ginocchia di un'amica. Lo stile di questo affresco viene detto secondo stile o dell'architettura in prospettiva o architettonico, in quanto simula le pareti di un'ambiente allargando così gli spazi interni.